L’Italia e gli italiani nel cinema albanese

Il cinema albanese è stato il protagonista di questa primavera romana appena conclusa. Dopo aver conquistato la vittoria alla decima edizione del Francofilm – il Festival del cinema francofono organizzato dal Centre Saint – Louis – si è presentato in forze con due rassegne allestite alla Casa del cinema. La prima “Albania, si gira!”, dall’eloquente sottotitolo “L’Italia e gli italiani nella cinematografia albanese durante e dopo il Comunismo”.

Cioè dal dopoguerra al 1992, tanto quanto durò la dittatura dello stalinista di ferro Enver Oxha. Le pellicole 35 mm sono uscite per la prima volta dall’Archivio Centrale di Stato del Cinema d’Albania e i dialoghi sono stati tradotti per l’occasione in italiano. Le “Giornate del cinema albanese”, secondo appuntamento sono state, invece, interamente dedicate agli autori dell’ultima generazione.

“Il cinema ci è parso un mezzo opportuno per riflettere – ha sottolineato l’Ambasciatrice albanese Anila Bitri Lani – su ciò che siamo stati e su ciò che siamo, oltre che sui rapporti tra le due sponde di un mare che non ci ha mai completamente diviso. In Italia sono molte le comunità di origine albanese e nel mio Paese molti hanno radici italiane L’Albania ha sofferto di un pesante isolamento, ma da 10 anni – ha tenuto a ricordare l’Ambasciatrice – fa  parte della Nato ed ha una posizione politica di primo piano nella stabilità dei Balcani. Con l’Italia abbiamo stretti rapporti commerciali, militari, strategici e naturalmente culturali di cui questa manifestazione è un esempio”.

E su questi rapporti, all’incirca nei primi anni trenta del 900 cioè in pieno fascismo, è centrato il film “Generale grammofono”, che si può vedere su Internet in lingua originale con il parlato in italiano fuori campo. Da noi Mussolini è al massimo del consenso, Casa Reale ha stretti rapporti con l’Albania e sulla sponda adriatica opposta alla nostra sbarca un discografico (da cui il titolo) che ha in mente di far incidere ad un famoso clarinettista locale le melodie più popolari del suo Paese “fascistizzate”. Il film è del 1978, lo firma Viktor Gjika scomparso 10 anni fa e di cui a Roma è stato presentato anche “L’uomo con il cannone”: protagonista un soldato italiano che ha partecipato alla lotta di liberazione dall’occupazione fascista e sceglie di restare in Albania tra i contadini con cui ha combattuto. Assolutamente originale la trovata di “Est Ovest Est” (2009) di Gjergj Xhuvani: cinque ciclisti designati a rappresentare l’Albania al tour de France, arrivati a Trieste apprendono che il loro Paese è in rivolta e il regime è stato abbattuto. Abbandonati al loro destino dai funzionari dell’ambasciata, impossibilitati a raggiungere la Francia, decidono di affrontare in bicicletta il difficile ritorno in patria. 

Tutti realizzati, dal 2015 a oggi, invece, gli 11 film in cartellone alle “Giornate del cinema albanese” che affrontano, ovviamente, tematiche contemporanee. Ospiti anche tre registe italiane – Francesca Olivieri che firma “Arberia” e Maria Alba e Graziana Saccente autrici di “Hora, una storia Arbereshe”. Due lavori che affrontano la questione dell’identità di quegli albanesi d’Italia che ancora vivono in Calabria e Basilicata e che negli ultimi 60 anni hanno perduto i tratti distintivi che li caratterizzavano rispetto ad altre realtà del Meridione. “Ma nonostante questo – fanno notare Alba e Saccente – gli albanesi rappresentano ancora oggi il più grande esempio di interculturalità in Italia”.

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