Covid-19: ossigeno-ozono utile per prevenire il virus

Ce ne parla Massimo Artorige, Tecnologo Alimentare e Manager per la Salubrità degli ambienti

Dopo mesi di lockdown, con restrizioni e sacrifici per il nostro Paese, tutti auspicano soltanto di poter tornare presto alla normalità e di fermare il dilagare del virus Sars-Cov II, che conta ancora oggi centinaia di morti. Per rassicurare gli animi scossi dalle allarmanti notizie sulla pandemia globale, abbiamo chiesto il parere di Massimo Artorige Giubilesi, tecnologo alimentare, esperto di igiene ambientale e sicurezza alimentare, presidente dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria e di FCSI (Foodservice Consultants Society International), professionista certificato MSA (Manager per la Salubrità degli Ambienti) e docente a contratto presso università, fondazioni, consorzi e scuole di alta formazione (UNICATT, UNIMIB, Polidesign, UNIMI, Cast Alimenti).

Diversi studi, due giapponesi e uno dell’Università di Padova, del dipartimento di medicina molecolare diretto dal prof. Andrea Crisanti, hanno dimostrato l’efficacia dell’ozono al 99,98% contro il virus responsabile del Covid -19. Qual è il suo parere?

3.jpg«L’efficacia virucida e antimicrobica dell’ozono è già nota sin dal 1897 per rendere potabile l’acqua di grandi città ed esiste una vasta bibliografia in merito sulla sua capacità di disinfettare aria e superfici contaminate. Si può senz’altro dichiarare che l’ozono è in grado di garantire quasi al 100 per cento la distruzione di tutte le molecole organiche e le forme microbiologiche presenti nell’ambiente e dunque anche del virus Sars Cov II. L’ozono essendo un gas è molto penetrante e grazie al grande potere ossidante è in grado di deodorare e disinfettare tutte le superfici e gli oggetti contenuti in ambienti circoscritti e in assenza di persone. Talmente efficace da essere considerato anche un ottimo disinfestante, poiché tossico per le mucose dei roditori e per gli esoscheletri degli insetti alati e striscianti».

Cosa ne pensa invece dell’uso dell’ozonoterapia a scopo medico per debellare il Covid-19 e le sue nuove mutazioni?

«Pur non essendo medico o biologo, segnalo che già dal mese di Aprile 2020, varie associazioni scientifiche deputate all’ozonoterapia e l’AIMF (Associazione Italiana di Medicina Funzionale) per tramite di alcuni suoi autorevoli esponenti del mondo clinico e accademico a Udine, Bergamo, Atri, Brescia, Palermo, Napoli, Pavia, Roma, si erano espresse in modo polemico, segnalando che i vertici della Sanità Pubblica (Ministero della Salute, ISS) tenevano un atteggiamento snob o addirittura di contrasto verso l’ossigeno-ozono terapia applicata a pazienti Covid-19. E tutto ciò, nonostante le evidenze scientifiche, sull’efficacia antiossidante e antinfiammatoria della terapia e sull’aumento-mantenimento dell’emoglobina ossigenata che offre un forte contrasto alla caduta dei valori di saturazione tipici dei pazienti Covid-19».

Lei ha scritto nel 2015 un dossier sull’uso dell’ozono nell’industria alimentare: è ancora convinto che l’ozono sia la soluzione migliore per la sanificazione da virus e batteri?  

«Certamente. Efficace e autorizzato è l’uso dell’ozono nel settore caseario e nell’industria salumiera perché è in grado di contrastare la formazione e la proliferazione di acari che si nutrono di muffe, produttrici di tossine e responsabili della devastazione d’intere sale di stagionatura di prodotti alimentari, con un ingente danno economico oltre che di compromissione della sicurezza dei prodotti. Molto efficace anche per la disinfezione dell’acqua di processo dei vegetali di IV Gamma (lavati, puliti, tagliati) per contrastare il rischio Salmonella e Listeria monocytogenes, quest’ultima capace di provocare gastroenterite e meningiti. Anche in itticoltura è prassi utilizzare l’ozono per depurare l’acqua, sia quella marina che quella potabile più soggetta alla contaminazione di virus e batteri usata per il condizionamento dei frutti di are. Il meccanismo è semplice: si fa gorgogliare l’ozono tramite un ozonizzatore ad hoc nell’acqua per abbattere la carica microbica (batteri, funghi, virus) e distruggere le sostanze colloidali e organiche, persino l’atrazina, un erbicida tossico. Effetti positivi sono riscontrati anche nel trattamento con ozono degli allevamenti di polli e suini al fine di aumentare la salubrità e aumentare l’aspettativa di vita dei neonati – soggetti a una mortalità media del 20% – tramite l’utilizzo di generatori di ozono che consentono di purificare e sanificare l’aria anche in presenza dell’animale con una specifica taratura che non lo rende dannoso se respirato».

Alla luce di tutte queste evidenze scientifiche ritiene che sarebbe necessario utilizzare l’ozono per sanificare mezzi di trasporto, ambienti di lavoro e aperti al pubblico, in modo da garantire una sicura sanificazione e interrompere la trasmissione del virus?

«Sì, certamente. Gli ambienti trattati con ozono impediscono la formazione del biofilm microbico sia sulle superfici che nell’aria confinata, garantendo un ambiente salubre e interrompendo così la trasmissione del virus. La sua efficacia può essere però compromessa dal mancato rispetto delle regole comportamentali basilari: uso della mascherina, distanziamento, igiene frequente delle mani, pulizia di arredi. Per capirne la validità bisogna considerare che l’ozono – a una concentrazione di 4-5 ppm (parti per milione) – può disinfettare in soli trenta minuti all’ in circa 250-300 mq di superficie che corrispondono a 750-900 metri cubi di aria equivalenti a circa sette stanze di hotel, più aule scolastiche e sale operatorie, numerosi autobus e vagoni metro. Il tutto reso possibile da un piccolo macchinario che a costo contenuto è in grado garantire la sicurezza degli ambienti in assenza di persone. Nei casi più delicati, laddove è necessaria una disinfezione continua, come negli asili, palestre o nelle case di riposo si può ricorrere ai cosiddetti sistemi misti basati sul processo fisico denominato RCI-FEO (Radiazione Catalitica Ionizzante – Fotocatalisi Eterogenea Ossidante) sviluppato in Giappone negli anni ’70 e applicato dalla NASA americana da oltre 20 anni. Il funzionamento avviene attraverso una corrente d’aria che passa nell’impianto di ventilazione mediante un dispositivo fotocatalitico costituito da una lampada UVC germicida e da un catalizzatore in biossido di titanio e metalli nobili che trasforma il vapore acqueo e l’ossigeno dell’aria in un complesso di biossidanti con un lieve residuo di ozono (0,02 ppm) ben tollerato se respirato. L’insieme di queste molecole ossidanti risulta letale contro tutte le forma biologiche, compresi i virus. Bisogna, infatti, tenere conto che non esiste soltanto la minaccia del Covid-19 nei luoghi aperti al pubblico, ma permane anche alto il rischio di contrarre: salmonella, pseudomonas, legionella e streptococco gamma emolitico e altre gravi infezioni batteriche ugualmente pericolose per soggetto fragili come bambini, anziani, immunodepressi».

Sulla base del suo know- how cosa proporrebbe alle istituzioni per coniugare sicurezza sanitaria e attività economiche?

«In primis, proporrei di seguire le direttive della scienza e non solo i soliti scienziati opinionisti (a volta allarmisti) e ragionare in un’ottica di prevenzione e valutazione del rischio, che rappresenta un approccio oggettivo di tipo scientifico. La scienza va di pari passo con la tecnologia per raggiungere il massimo risultato in modo veloce ed economico. Non ha senso rifiutarsi di considerare l’efficacia dell’ozono, sebbene sia nota la sua efficacia dai primi anni del 900 all’entourage scientifico; non a caso è stato utilizzato per sanificare l’acqua ai Giochi Olimpici di Atene del 1906, sino ad oggi. Un approccio metodologico ragionato non può fare a meno dell’analisi del contesto e della popolazione di riferimento: non è possibile raggiungere il medesimo risultato di igiene e sicurezza ambientale ovunque, senza effettuare l’analisi del rischio nel contesto specifico. Diventa indispensabile affidarsi ad un’équipe tecnico-scientifica qualificata e pragmatica, che ha maturato esperienze concrete sul campo, che sappia valutare caso per caso e sperimentare più sistemi al fine di ottenere, in ogni circostanza, un ambiente davvero salubre per il singolo e la collettività».

E qual è invece la sua opinione sul vaccino, pensa di sottoporsi quando sarà il suo turno?


«Certamente positiva, mi farò vaccinare senza indugio, al di là
che sarà reso obbligatorio -spero – o facoltativo. Considero questo nuovo
vaccino una rivoluzione nel campo scientifico, dato il fattore tempo con cui
è stato messo a punto, validato e autorizzato. Siamo passati da 3-5 anni per
sviluppare un vaccino a soli 10 mesi. Una vera rivoluzione della scienza e della tecnologia, in cui il nostro sistema immunitario viene addestrato a combattere il nemico. Fondamentale è ricordare che l’evoluzione delle vaccinazioni ha contrastato la decimazione della popolazione mondiale, a partire dalla fine del XVIII secolo quando Jenner isola e poi realizza il vaccino contro il vaiolo – che uccideva in fase epidemica circa il 30% dei bambini – così che in molti Stati europei furono avviate campagne di vaccinazione di massa. Basti pensare che, solo nel 1979, è stata ufficializzata la sconfitta mondiale del vaiolo».

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