Twitter mania. Arte, poesia, storia, giornalismo, politica e altre amenità nei caratteri simbolo della nostra epoca

I geroglifici degli antichi Egizi, i bassorilievi sulle colonne romane, gli epigrammi di Marziale, le commedie in un atto di Achille Campanile, gli aforismi di Leo Longanesi.

E poi le rime fulminanti di Trilussa, i fumetti di Walt Disney, le battute di Flaiano, le quotidiane vignette di Giannelli sul Corriere della sera, altro non sono, ognuno per la propria epoca, che twit sotto mentite spoglie. 

Per molti uomini politici di oggi, il twit è la più alta espressione del proprio pensiero. Ma se ne può fare un uso migliore: in 140 caratteri o 280 si possono condensare ben altri concetti che le smargiassate di Trump o di Salvini. 

Il primo twit della storia? “Veni, vidi, vici”. E’ di Giulio Cesare, quando andò in Gallia a vedere com’era la situazione, vi trovò la guerra e la vinse. Eccezionale esempio di sintesi giornalistica, da vero corrispondente dal fronte. Dante  Alighieri non aveva ovviamente il computer ma fu ugualmente efficace e sintetico, oltre che mirabilmente poetico: “Vergine madre figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura, termine ultimo d’eterno consiglio”. ( Divina Commedia, canto XXXIII). 

Il computer è come la casa: nasconde ma non ruba. Navigando fra vecchi testi ho trovato alcuni twits dimenticati ma ancora validi, altri da aggiornare, qualcuno da dimenticare, pochi da tramandare ai posteri. Eccoli in ordine sparso come erano finiti nel cestino del mio Mac.

“Quant’è bella giovinezza / che si fugge tuttavia / chi vuol essere lieto sia / del diman non v’è certezza”. (Lorenzo de’ Medici detto giustamente il Magnifico). 

Il Salvini rampante, il Cavaliere inesistente, il VisConte dimezzato: Italo Calvino ha sbagliato epoca: oggi avrebbe fatto il ghost-writer.

Amore nell’Eden. Adamo: “Eva, tu vuoi sempre fare l’originale!” (A. Campanile) 

Povero Conte! Con tanti grilli per la testa non sa più a che santo votarsi. Forse c’è ancora Padre Pio, a cui è molto devoto.

Amore all’Orto Botanico. Il Pino si è innamorato della Quercia, cosa fa? La corteccia.

Amore in città. Il microbo che ha dato appuntamento alla microba in piazza Venezia e non la trova: ”Forse avrei dovuto portare il microscopio”. (A. Campanile) 

L’amore coniugale. Ennio Flaiano confidò ad un amico: “Mia moglie non ha mai letto una riga di quello che ho scritto”. Era vero: peggio per lei!

Amore che finisce, nel bosco. A Betulla di cui vuol liberarsi perché non l’ama più Pino dice brusco: “E d’ora in poi chiamami Giuseppe”.

8 Marzo. La Fiat regala alle gentili clienti l’optional dei sensori per il parcheggio, compresa la telecamerina posteriore. Come dire: care signore, con la marcia indietro siete una frana.

Vecchio operatore romano dei TG della Rai dopo la ripresa della cerimonia in Sala Nervi si accorge che gli mancava un primissimo piano del Papa e gli dice: “Santità, facci finta de pregà”. Il Pontefice era Giovanni Paolo II.

Vecchio operatore romano dei TG della Rai a Papa Wojtyla in piazza San Pietro in pieno sole: “Santità, il bianco spara”. E non c’era stato ancora Alì Agcha.

Annuncio online: “Affittasi gatto piacione per intervista a uomo politico antipatico. Telefonare ore croccantini”. (Yeswecane). Protesta dell’Assogatti.

 Un amore finito male alla sala lepidotteri dello Zoo. Lui, il verme che ha fatto solo la terza elementare a lei, la farfalla: “Tanti bachi”. 

Manifesti elettorali. Quando vedo il faccione di Storace con la scritta “Credici” mi viene da aggiungere “Obbediscici” e “Combattici”. (Antonio Polito) 

Amore incompreso al mare. Il pesciolino alla pesciolina: “Signorina, l’amo” – “Non faccia il cretino!” – “Che ha capito? C’è un amo!”

“Sapessi com’è strano sentirsi innamorati a Merano. Anche perché sapessi “Com’è triste Pomezia”. (Ornella Vanoni e Charles Aznavour).

Coppia di anziani al bar. Lui:” Guarda quei due! Pensi che un giorno diventeremo come loro?” Lei: “Quello è uno specchio”.

“E’ un peccato vivere quando tanti elogi funebri ti aspettano”. (Leo Longanesi: suo lo slogan “Mussolini ha sempre ragione”).

Scostumato Trilussa. “Chi lavora cià appena una camicia. / E sai chi ce n’ha due? /Chi se la leva” (Ai suoi tempi non c’era ancora il Me Too).

Etimologia della parola “amor”: è il palindromo di “Roma” letta al contrario. Vale solo per i romani. Non funziona a Milano. 

I Promessi sposi in un twit.  Renzo ama riamato Lucia. Don Rodrigo la fa rapire dai suoi. “Bravi!” gli dice quando gliela portano. Lieto fine dopo 500 pagine.

Ora di italiano. “Chi apre il periodo lo chiuda” (Flaiano). “Apri una parente” – dice Totò dettando a Peppino la lettera alla Malafemmina – e poi chiudila”.

“Roma è l’unica città mediorientale senza un quartiere europeo”. (Flaiano). Per questo, quando arrivò, il Marziano rimase spaesato.

Compito in classe. Tema: ”Passa il treno”. Svolgimento di Pierino: “E io mi scanso”. La maestra: “E io ti boccio”. Pierino: “Meglio un somaro vivo che un dottore morto”. L’abbandono scolastico ha origini lontane.

Esterno notte. “A Federì, ma va a dormì, va!”. Anna Magnani a Fellini che sulla soglia del portone di Palazzo Altieri le ha chiesto di farlo salire in casa. (Dal film autobiografico Roma).

Tiritera. “Tara! Tara!” (Via col vento). “Tera! Tera!” (il marinaio romano di Cristoforo Colombo di vedetta). “Tira! Tira! (l’arbitro indicando il dischetto del rigore). ”Tora! Tora” (i giapponesi a Pearl Harbour). “Tura! Tura! (il premier al ministro dell’economia sul buco di bilancio). 

Al Teatro dell’Opera. Il baritono fischiato si rivolge al loggione:” Fischiate, fischiate pure, ma non avete ancora sentito il tenore”.

“Arrivano i cinesi / arrivano nuotando / dice Ruggero Orlando / che domani sono qui”. (Bruno Lauzi profetico). Son bell’è arrivati, e non a nuoto.

La luce in fondo al tunnel non è sempre un buon segno: può anche essere il faro del treno che sta arrivando. 

Titoli. Quando è morto Papa Luciani, neanche un mese dopo Pio XII, il Manifesto intitolò: “E’ rimorto il Papa”. 

Titoli. Quando Fanfani dopo una breve pausa fu nominato ministro per l’ennesima volta Paese Sera titolò in prima pagina “Rieccolo!”, e il nomignolo gli rimase attaccato per tutta la vita. 

Titoli. Quando la Finanza scoprì un carico di sigarette di contrabbando in un convento di francescani, il Messaggero titolò “Ora et Malbora”. 

Proverbio maremmano: “Durerà poco, come un gatto sull’Aurelia”. Protesta dell’Assogatti.

Quando lo accarezzi sulla schiena il gatto alza la coda per avvertire che a quel punto il gatto finisce. ( Danilo Mainardi).

La cena nella casa di riposo: “…ed è subito pera”. (Da Salvatore Quasimodo)

Oggi molti Cinquestelle si vergognano di Grillo, come molti leghisti si vergognavano di Bossi. In politica nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si ricicla.

“Gli uomini politici sono come i pannolini: vanno cambiati spesso. Per la stessa ragione”. (Beppe Grillo). 

Quattro anni fa, il numero massimo dei caratteri disponibili per ogni twit è stato raddoppiato, passando a 280.  Era meglio prima, la concisione non è mai stata troppa, è la prolissità che rischia di dilagare. Ne approfitteranno i politici per i loro proclami.

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