Arte e scienza a Spoleto con la Fondazione Carla Fendi

Intervista alla Presidente Maria Teresa Venturini Fendi

SPOLETO – “Art & Science into Spoleto – Sol LeWitt / Anna Mahler” è il progetto presentato in occasione della 64. edizione del Festival dei Due Mondi

Nata nel 2007 per volere dell’imprenditrice e filantropa scomparsa nel 2017, di cui porta il nome, la Fondazione Carla Fendi è oggi guidata da Maria Teresa Venturini Fendi  che, nel solco illuminato tracciato dalla zia Carla, prosegue con tenacia e passione la missione di sostenere concretamente l’arte, la moda e la cultura del nostro paese, ma non solo. Nel momento in cui ha, infatti, assunto le redini dell’Istituzione, Maria Teresa Venturini Fendi ha voluto introdurre anche alcune novità, in un’ottica multidisciplinare e di apertura nei confronti della scienza  e della tecnologia. Già nel 2018, sempre in occasione del Festival dei Due Mondi, la Fondazione aveva realizzato un progetto in stretta collaborazione con l’INFN, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il CERN, Centro Europeo di Ricerca Nucleare, ideato su basi rigorosamente scientifiche, al fine di esaltare la spettacolarità dell’origine del cosmo, dal Big Bang fino ai giorni nostri.

L’attuale progetto Art & Science into Spoleto, inaugurato domenica 27 giugno 2021, si sviluppa in un percorso che coinvolge diversi spazi della cittadina umbra, dal Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi, alla Torre Bonomo, fino a Palazzo Collicola, con lo scopo di rendere omaggio a due grandi personalità: Sol LeWitt (Hartford, 1928 – New York, 2007) e Anna Mahler (Vienna, 1904- Londra, 1988), le cui storie straordinarie si intrecciano proprio sul suolo di Spoleto. A raccontarlo è la presidente della Fondazione Maria Teresa Venturini Fendi. 

Come è nata l’idea di questo progetto che onora la memoria di due figure apparentemente distanti tra loro?

Sol LeWitt e Anna Mahler sono due grandi figure, ma le loro storie quasi misconosciute o ignorate. Sono quindi particolarmente felice di aver realizzato questo progetto perché il racconto di questi due personaggi, in questo specifico contesto, doveva essere portato alla luce. Come Fondazione abbiamo fatto uno studio molto approfondito, scoprendo che Sol LeWitt, il grande artista minimalista, concettuale americano e Anna Mahler, scultrice viennese figlia di Gustav Mahler e Alma Schindler, scrittrice, musicista e musa di tanti artisti della Secessione Mittleuropea, avevano entrambi abitato a Spoleto per decenni. LeWitt era stato iniziato a questo luogo dalla gallerista Marilena Bonomo, mentre la Malher vi era capitata casualmente. LeWitt si divideva tra New York e Spoleto, la Mahler dopo la guerra aveva vissuto a Londra, a Los Angeles e a Spoleto. Vivevano entrambi in Umbria circa sei mesi l’anno.  Le figlie di LeWitt sono addirittura nate e andate all’asilo qui a Spoleto. Né LeWitt né la Mahler vennero dunque qui espressamente per il Festival. Facevano, al contrario, una vita molto particolare e riservata, ambedue erano molto schivi. Ho dunque pensato che un pezzo della New York post Pop Art e della Vienna Mittleuropea della Secessione, trapiantati a Spoleto, erano davvero una cosa straordinaria, mai venuta alla luce prima, quindi da raccontare. 

Sol LeWitt e Anna Mahler si conobbero a Spoleto?

No, non si sono mai conosciuti. Avevano però alcuni punti e passioni in comune. Il primo sicuramente il loro essere schivi e riservati. Poi la passione smisurata per il lavoro, a cui hanno dedicato l’intera vita. Infine, quella  per Bach. Anna Mahler lo suonava benissimo, anche se poi  si era votata totalmente  alla scultura. LeWitt anche ha realizzato alcune composizioni musicali. Aveva una mente molto matematica, lo si deduce da molti disegni e lavori che ha lasciato. 

La Mahler aveva una casa al centro di Spoleto, mentre LeWitt a Monteluco e generalmente raggiungeva Spoleto a piedi. Conduceva una vita molto regolata dal lavoro. Era poi sportivo, amava passeggiare soprattutto lungo il meraviglioso acquedotto romano e poi andava alla piscina comunale. Strano da immaginare questo,  un artista che va a nuotare alla piscina comunale. Lontano anni luce dagli artisti un po’ “star”. 

Conduceva insomma una vita estremamente semplice?

Direi molto spartana. Lui afferamava che la vita dell’artista lo annoiava. Sia LeWitt che la Mahler erano persone totalmente votate al lavoro, alla continua ricerca di superare se stessi nella loro arte. 

Quindi il progetto che avete sviluppato intende evidenziare proprio le loro affinità e il particolare rapporto di entrambi con Spoleto?

Si, infatti abbiamo realizzato anche due brevi documentari, due short movie (“About Sol” e “Notes on stone”, per la regia di Gabriele Gianni, ndr) su ognuno di loro, sul loro lavoro e sul legame speciale che avevano con Spoleto, così come l’amore di entrambi per gli artisti umbri del Quattrocento. Si dice che Sol LeWitt,  dopo la sua permanenza a Spoleto, abbia iniziato ad utilizzare il colore ispirandosi proprio ai Maestri quattrocenteschi. E così la Malher. Lei, in realtà conosceva molto bene anche Roma, perché da ragazza aveva studiato con De Chirico. 

Una cosa molto interessante è che, mentre loro non si sono mai incontrati, le loro eredi (la figlia di Anna Mahler, Marina e la moglie di Sol LeWitt, Carol, ndr), pur vivendo all’estero, hanno deciso di mantenere le loro case a Spoleto, trasformandole in studi per artisti. Hanno quindi dato vita, nel centro di Spoleto, a una Fondazione che si chiama Mahler & LeWitt Studios. Ogni anno un curatore inglese seleziona da Londra artisti da tutto il mondo, pittori, scultori, ma anche curatori, musicisti, editori d’arte, per il programma di residenza alla Fondazione. 

La Fondazione Carla Fendi ha sempre avuto una visione multidisciplinare sin dalla sua nascita, ma sotto la sua guida però si è spinta oltre, aprendosi anche alla scienza e alla tecnologia. Perché questo interesse?

La scienza ha sempre permeato la società, ora più che mai. La tecnologia interagisce con il nostro corpo e lo farà in maniera sempre maggiore. La stessa arte è mediata dai mezzi tecnologici. La scienza è qualcosa che si sposa con tante discipline, anche con la filosofia,  la musica, il teatro. Ormai è parte della nostra quotidianità e lo sarà costantemente, portando a un nuovo mondo, sicuramente diverso da quello che conosciamo oggi. 

Raccogliendo l’eredità di sua zia ha incontrato difficoltà nel prendere le redini della Fondazione?

No, non ho incontrato difficoltà perché ho lavorato con mia zia per  tanto  tempo, ho convissuto con lei e ci conoscevamo molto bene. A volte potevano esserci dei confronti sul lavoro, ma c’era un forte affiatamento. Oggi mi  ispiro al suo dinamismo portando avanti, con autonomia, quello che lei ha voluto generosamente lasciarmi. Ero nella Fondazione già al momento della sua costituzione, ma devo dire che mi sono sentita davvero lusingata ad essere stata scelta come Presidente. Credo che lei sarebbe probabilmente felice di quello sto facendo. Anche questo legame con la scienza le sarebbe piaciuto tantissimo. E’ sempre stata molto curiosa, molto aperta rispetto a tutto ciò che guarda verso il futuro. 

Tornando al discorso della scienza, durante l’inaugurazione c’è stata una particolare performance…

Si una performance del neuroscienziato cognitivo Vittorio Gallese al Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi, questo gioiello del Seicento proprio nella Piazza del Duomo, completamente restaurato da Carla Fendi e che oggi porta anche il suo nome. Gallese è uno degli scopritori della teoria dei neuroni a specchio e il suo intervento è stato davvero molto interessante poiché ha illustrato alcune scoperte neurologiche, a seguito di numerosi esperimenti, relative ai meccanismi celebrali coinvolti nella fruizione dell’arte. 

Il momento conclusivo del progetto sarà con il Premio Carla Fendi, il prossimo 11 luglio…

Quest’anno daremo un premio a Marina Malher, figlia di Anna e a Carol LeWitt, moglie di Sol. Due donne che hanno dato molto a Spoleto, senza davvero chiedere nulla in tutto questo tempo. Il premio è in denaro e le somme sono destinate a due borse di studio per artisti che interagiranno con arte e scienza e con moda e tecnologia. 

Lei si definirebbe una mecenate?

No, mia zia era una mecenate, io non posso dire di esserlo. Tutto quello che sto facendo è grazie a lei, come abbiamo già ricordato, al suo lascito, non solo in termini concreti ma anche di vissuto. Mi sento solo una persona che sta portando avanti questa tradizione.

Volevo aggiungere una cosa che mi sta molto a cuore e che mi piace particolarmente di questo progetto. Si tratta del murale che abbiamo realizzato al Teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi, che copre tutta la facciata interagendo con gli altri monumenti. Riproduce un Wall Drawing di Sol LeWitt con dei colori molto accesi. Vorrei che sia di buon augurio per tutti.  

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