ROMA – “I soldi ci sono” : sembra un passa parola che inizia nel pomeriggio di domenica quando cominciano a filtrare notizie su quanto il governo avrebbe detto il giorno dopo alle parti sociali.
Prima timidamente, poi le agenzie di stampa e i media on line danno sempre più credito al fatto che il ministro del Lavoro , Elsa Fornero, avrebbe trovato due miliardi per dare avvio alla firma degli ammortizzatori sociali. Quando escono i quotidiani, quelli antichi, carta stampata l’ottimismo si diffonde. C’è subito però una gelate: Banca Intesa diffonde dati da brivido. I consumi degli italiani sono tornati a quelli di trenta anni fa, i salari sono sotto la crescita dell’inflazione, la crescita del Pil non ci sarà. Ma che vuol dire.L’accordo fra governo e parti sociali, insomma, è lì, pronto a staccare. La crscita? Si rinvia. Certo a far da bastian contrario c’è quella Cgil che non la smette di dire, non ha proprio nel suo dna la messa in soffitta dell’Articolo 18 che tutela i lavoratori da discriminazioni nel luogo di lavoro, prevede il reintegro in azienda se non c’è giusta causa. E allora i cronisti “montiani” gettano n campo il “ modello tedesco” che invece avrebbe mandato n soffitta il reintegro, una specie di tutele all’acqua di rose, leggere, quasi invisibili. Il “ !8” andrebbe in coda alla trattativa, sarebbe l’ultima gamba del tavolo. Entro dieci giorni tutto dovrebbe essere chiuso ,prima che Monti parta per un lungo giro in Asia che lo porterà fino alla Cina. Forse, come si dice, non è tutto oro quel che riluce. Il “ tavolo” non è troppo stabile.
Il ministro: “ non so dirvi dove si trovano le risorse per gli ammortizzatori
Le notizie che filtrano parlano di un ministro Fornero in forma scintillante, sprizza ottimismo. Ma per quanto riguarda le risorse per gli ammortizzatori sociali dice che ancora le deve trovare. “Non sono in grado di dirvi dove saranno trovate le risorse, il governo è impegnato a ricercarle”, ha detto.Ma, niente paura, l’avvio della riforma parte subito e funzionerà a pieni giri nel come aveva dette precedentemente, nel 2017 ma nel 2015. Poi si trasforma in economista provetta e afferma che proprio la “sua” riforma porterà crescita, con la disoccupazione al 4-5%”. Davvero fantasiosa questa professoressa.
. Il governo in realtà ancora una volta prende tempo. Fornero annuncia che invierà due documenti alle parti sociali, uno sui contratti e uno sugli ammortizzatori sociali, ha già pronta la sigla per la nuova indennità di disoccupazione che si chiamerà assicurazione sociale per l’impiego (Asi).
Non è soddisfatta dell’esito dell’incontro Susanna Camussp: “Abbiamo fatto un passo indietro”. L’accelerazione dell’ingresso della riforma degli ammortizzatori,sottolinea,, “si traduce nel breve periodo, durante la crisi, in una riduzione della copertura e nessun vantaggio sulla prestazione economica”. Preoccupazione anche per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: “L’eliminazione della mobilità, con l’innalzamento dell’età pensionabile e una crisi così forte può determinare un’ecatombe sociale. E il punto più delicato della proposta del governo che ci preoccupa moltissimo”
Incontro bilaterali,stile Sacconi, per tentare di dividere i sindacati
Fornero annuncia anche che convocherà le parti, ma saranno incontri bilaterali, secondo le notizie diffuse a “tavolo” ancora apparecchiato. In questo modo, dicono i maligni tenterebbe di dividere i sindacati sull’articolo 18. Ma Bonanni e Angeletti hanno dichiarato che non ci saranno accordi separati. Ecco arriva il “ modello tedesco” che ,secondo fonti bene informate, non prevede il reintegro del lavoratore. In realtà si tratta di una disinformazione voluta.
Il “ modello tedesco” fondato sul reintegro dei lavoratori
“Un clamoroso autogol”, ci dice il professor Piergiovanni Alleva, docente del diritto del lavoro presso l’Università di Ancona, “perché i vincoli che contiene a tutela dei lavoratori non sono da meno di quelli previsti dal nostro Statuto.” Il tentativo di strumentalizzare il “modello tedesco” è solo un bluff con le gambe corte: “ Anche in Germania la reintegrazione nel posto di lavoro è un diritto.”. Il ricercatore Andrea Allamprese, docente di Diritto del Lavoro presso l’università di Modena che proprio alla legislazione tedesca del lavoro ha dedicato recenti studi. Racconta la “ dinamica” della procedura. “Il datore di lavoro – spiega-deve notificare al lavoratore che intende licenziarlo, un preavviso di diversi giorni “obbligatorio” per legge. Al tempo stesso il licenziamento deve essere comunicato al Consiglio di fabbrica.
In Germania il sindacato aziendale si può opporre al licenziamento
Se il sindacato si oppone al licenziamento il lavoratore ha diritto di mantenere il posto di lavoro sino alla fine della controversia giudiziaria. “ “ Nella legislazione tedesca insomma prevale la reintegrazione. Il criterio del licenziamento –dicono i giuristi- è assunto dalla legge come misura estrema ( extrema ratio). Prosegue Allamprese: “ Il Tribunale ordina il mantenimento del posto di lavoro in caso di licenziamento nullo o ingiustificato. Il licenziamento è considerato socialmente giustificato nel caso di provata incapacità del lavoratore a svolgere le mansioni cui è assegnato,per gravi, meglio gravissime, inadempienze, per comprovate esigenze economiche dell’azienda: Il giudice ha dei parametri precisi per accertare o meno l’esistenza del“ socialmente giustificato”. Nel caso in cui la motivazione non ci sia reintegra il dipendente che è comunque rimasto al lavoro in azienda.. Ma durante il processo il lavoratore resta al proprio posto di lavoro .” Questa normativa si applica nelle aziende con più di dieci dipendenti. Allamprese fa presente che il lavoratore o il datore di lavoro possono concordare di non rendere operante la reintegrazione. Al lavoratore spetta in questo caso una indennità pari almeno a dodici mesi di salario in base all’anzianità di servizio, che salgono a 15, 18 con possibilità di una aggiunta. A difesa dell’articolo 18 arriva anche Bersani,il segretario del Pd che i media “montiani” avevano indicato come ormai pronto a votare sostanziali modifiche all’articolo 18. “Tutti sanno che il tema è più simbolico che reale, ma è un messaggio non banale”, ha sottolineato Bersani, aggiungendo che “io dico no” perché “la strada è quella di una nuova regolazione, non antica”. Poi è possibile una “manutenzione dell’art 18, vederne i meccanismi applicativi. E’ ovvio che se stai 7 anni in contenzioso anche il tema del reintegro non sta in piedi”, ha detto. “L’articolo 18 – ha insisitito – è un concetto anti discriminazione e io sono fermo lì”.