Rifiuti. La discarica alla Falcognana non si farà più. Intervista ad Alessandro Lepidini

ROMA – Le decisioni importanti vanno prese sulla base della conoscenza e soprattutto sull’ascolto dei cittadini, i quali  quando si sentono coinvolti loro malgrado, spesso sanno  essere molto più coscienziosi dei loro governanti.

Questo è di fatto il monito che arriva dal presidio No discarica Divino Amore, che proprio oggi ha annunciato che la discarica al chilometro 15300 della Via Ardeatina a Roma non si farà più. La conferma è giunta  direttamente dal Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, alla quale il Presidio si era rivolto per chiedere la revoca del mandato dell’allora Commissario Straordinario ai rifiuti Goffredo Sottile e del ministro dell’Ambiente  Andrea Orlando. 

Tuttavia, questa vittoria, che il Presidio ha consegnato direttamente nelle mani dei cittadini, non è stata facile. Anzi. Abbiamo chiesto ad Alessandro Lepidini, portavoce del Presidio al tempo delle mobilitazioni e Presidente della Commissione Ambiente, Mobilità e Periferie del IX Municipio di Roma Capitale, di ripercorrere le tappe salienti di questa vicenda. 

La battaglia nasce contro una decisione caduta dall’alto. Insomma un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Va ricordato che la prima individuazione dei siti su cui sversare i rifiuti urbani della Capitale non riguardava Falcognana, ma poi la relazione Sottile ha cambiato le carte in tavola classificandolo come idoneo, nonostante i vincoli preesistenti e la dominante vocazione agricola dell’area. Diciamo che fu questo il primo segnale ad innescare la lotta. La prima manifestazione si tenne il 30 luglio, giorno in cui fu bloccata l’Ardeatina. Blocchi pacifici che continuarono ad oltranza anche nei giorni successivi.

Fu proprio durante questi primi giorni di contestazione che la partecipazione cominciò a salire assieme all’indignazione dei residenti, increduli che in quel territorio a prevalente vocazione agricola si potesse compiere uno scempio del genere. Decidemmo così di lanciare un presidio permanente davanti alla discarica  per attestare con la nostra presenza la nostra contrarietà. Presidio attivo 24 ore su 24 proprio all’entrata dell’Ecofer.

Avevamo capito che questa era la nostra battaglia e non potevamo delegare ad altri la difesa di un territorio pregiato come l’Agro Romano, il quale tra l’altro era già soggetto al vincolo paesaggistico del decreto Bondi. 

Momenti di tensione …

Fortunatamente non ci sono stati momenti di tensione come spesso riporta la cronaca su queste battaglie ambientali. Anzi, durante tutte le nostre manifestazioni abbiamo sempre agito nel rispetto anche di chi aveva l’obbligo di gestire l’ordine pubblico. Da parte nostra non è stata lanciata neppure una bottiglietta d’acqua.  Ci fu, invece, un ricordo triste e fu quando cominciammo a fare il lavoro istruttorio nella commissione ambiente ai primi di agosto, invitando tutti gli uffici dipartimentali di Roma Capitale. Quel giorno emerse il nostro isolamento. Capimmo che nonostante le nostre istanze critiche rispetto alla discarica della Falcognana le cose erano già state fatte.  Insomma l’Agro Romano e la salute dei cittadini erano in serio pericolo.

 

Ma non accadde nulla?

Esatto. Così il 7 agosto andammo sotto il ministero dell’Ambiente per chiedere audizione al ministro. Iniziai personalmente anche lo sciopero della fame sotto la sede ministeriale con tanto di Costituzione alla mano, per tutelare i nostri sacrosanti diritti. Tentai questo gesto estremo affinchè la nostra voce potesse essere ascoltata. Ma anche in questo frangente nulla accadde.

Seguirono altre azioni con continui blocchi della circolazione, sull’Ardeatina, sull’Appia con il comitato di Santa Maria delle Mole, spingendoci fino a pochi metri dal Grande Raccordo Anulare.

 

Si è tentato quindi di far sentire la vostra contrarietà anche sul piano istituzionale?

Assolutamente sì. In quei giorni scrissi  personalmente anche al MIbac e a tutti gli organi competenti per fare  una verifica urgente sulla compatibilità rispetto alla disciplina vincolistica del territorio. Ma nulla ancora.  E così il 21 settembre organizzammo quella che chiamammo la Primavera di Roma. Un corteo al quale parteciparono circa 15 mila persone e che riuscì a calamitare le molteplici vertenze ambientali sparse sull’area romana. Fu una giornata fantastica con la piazza Santissimi Apostoli gremita, da dove lanciammo la  Costituente per l’Ambiente.

Ma non solo. Le proteste si moltiplicarono. Andammo davanti a Montecitorio e poi di nuovo al ministero dell’Ambiente  perchè l’emergenza non era conclusa. Avevamo il fiato sul collo e il timore che da un momento all’altro potesse arrivare  l’esercito che avrebbe perimetrato l’area e sgomberato l’unico avamposto della nostra resistenza. Sarebbe bastata la firma del ministro su un decreto e per noi sarebbe stata la fine. Sapevamo che il 30 settembre era la data ultima come avevano annunciato, perchè Malagrotta doveva essere chiusa quel giorno e dal primo ottobre i camion avrebbero potuto arrivare anche qui. Il clima era teso e l’emergenza era lo spettro che ci rincorreva, anche perchè Sottile era stato investito nuovamente dal governo che gli aveva affibiato ulteriori poteri. Proprio quel giorno siamo nuovamente scesi in corteo sull’Ardeatina. Eravamo in 5mila persone e nessuno di noi aveva l’intenzione di arrendersi, nonostante le incertezze che accompagnavano la nostra resistenza.

Avete scritto che questa vittoria è stata consegnata ai cittadini. In qualche modo il cittadino Lepidini è stato il coordinatore di questa lotta, riuscendo a concentrare una battaglia difficilissima e dall’esito non proprio scontato. Tuttavia non sono mancati i tentativi di ostacolare la vostra lotta alla discarica. Come rispondi a tutto questo?

Va detto che quando le cose sono sentite come giuste e doverose, le persone, o meglio i cittadini, non si fermano davanti a nulla. Le accuse, le diffamazioni e gli ostacoli di vario genere che ci hanno investito sono stati elementi negativi che vanno lasciati  alle spalle, perchè, alla luce dei fatti quello che abbiamo fatto e come lo abbiamo fatto è stata la cosa giusta. Richiamarci agli ideali del vivere dignitosamente per un ambiente sano e garantire un futuro migliore alle generazioni a venire è stato un dettame partito dalla coscienza. Il resto lasciamolo alle barbarie politiche. E’ ai cittadini, unici protagonisti, che va il vero riconoscimento di questo epilogo. Sono stati loro il vero motore di questa vittoria.

Resta ancora qualcosa da fare? 

Sì. Certamente far chiudere definitivamente l’Ecofer, bonificare l’area e realizzare un centro di studio e valorizzazione di questo importantissimo quadrante, l’Agro Romano.

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