Ricerca: un semplice prelievo del sangue per evitare l’amniocentesi

Dall’Italia a Singapore, alla ricerca delle cellule fetali nel sangue della futura mamma, per sostituire con un semplice prelievo esami invasivi come l’amniocentesi per la diagnosi di eventuali malformazioni del nascituro.

E’ il progetto a cui sta lavorando Anna Doffini, ricercatrice di Menarini Silicon Biosystem, 32 anni, nello Stato asiatico da 4, con l’obiettivo di arrivare a metodi di diagnosi prenatale non invasivi. L’obiettivo è ancora lontano, ma la strada sembra tracciata: “Abbiamo isolato alcune cellule fetali da una paziente. E’ stato un grande risultato, anche perché siamo riusciti a raggiungerlo in poco tempo. Speriamo di confermare questo dato e di renderlo riproducibile il più possibile”, racconta. A renderlo possibile è una tecnologia anch’essa italiana. Menarini, ‘sbarcata’ nel 2011 in Asia, dove ha fatto di Singapore il suo quartier generale, ha acquisito nel 2013 la start up tecnologica Silicon Biosystem, che ha sviluppato una tecnologia in grado di isolare singole cellule senza toccarle. Una volta trovate le cellule giuste, si possono decodificare tutte le informazioni chiave per la biopsia liquida di diverse malattie e la messa a punto di terapie personalizzate. Anna, giovane donna, si è concentrata sull’uso di questa tecnologia per la diagnosi prenatale non invasiva. “Stiamo cercando di isolare cellule fetali che circolano nel sangue di donne in gravidanza – spiega la ricercatrice – per poter fare le analisi genetiche di diagnosi di eventuali anomalie. L’obiettivo è andare a sostituire le analisi standard attuali, ovvero l’amniocentesi e la villocentesi – sottolinea – che sono molto invasive e comportano un rischio sia per la donna sia per il feto. Con un prelievo di sangue, invece, questo rischio viene eliminato”. 

Partito nei laboratori ‘hi tech’ di Singapore, il progetto coinvolge anche il nostro Paese: “Stiamo collaborando con la Fondazione Tettamanti al San Gerardo di Monza – dice Boffini – e con il KK Women’s and Children’s Hospital di Singapore, con l’arruolamento di 100 donne incinte in Italia e altrettante nello Stato asiatico. Stiamo lavorando su due fronti, sia per accelerare i tempi, sia per verificare se ci sono differenze fra una popolazione asiatica e una europea”. “Stiamo cercando di arricchire il più possibile il campione di cellule fetali – prosegue Boffini – in modo da poterle analizzare attraverso una tecnologia sviluppata da Menarini Silicon Biosystem, che consente di analizzare la singola cellula, di recuperarla nella sua purezza per poter eseguire l’analisi del Dna genomico appunto della cellula fetale, senza avere la componente materna che potrebbe alterare l’analisi”. Lasciare casa e gli affetti, e ambientarsi in Asia non è stato semplice per la giovane ricercatrice, soprattutto all’inizio. Ma il bilancio di questi anni a Singapore è “senz’altro positivo, sto vivendo un’esperienza altamente formativa. Quando sono arrivata l’impatto è stato forte, ma con il tempo ho imparato a gestire questa situazione che mi ha dato tanto dal punto di vista lavorativo e professionale. I colleghi sono molto giovani, tutti disponibili, si lavora bene e ci si confronta con una realtà che funziona in termini di risorse economiche e di personale. Qui qualsiasi cosa è semplificata, un ricercatore ha a disposizione sia i pazienti sia tutte le tecnologie di cui ha bisogno, ma soprattutto l’appoggio necessario per portare a termine un progetto in tempi rapidi”. Casa, però, le manca: “Mi piacerebbe tornare in Italia, mi lascio aperte tutte le possibilità per il futuro”. 

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