Cure ‘dal di dentro’ contro le malattie del sangue. Le nuove frontiere dell’immunoterapia

Le nuove frontiere dell’immunoterapia, che trasforma in farmaci le difese naturali dell’organismo, sono il tema scelto dall’Associazione europea di ematologia Eha per l’anno giugno 2017-giugno 2018.

Filo conduttore del 23esimo Meeting annuale al via a Stoccolma nella Giornata mondiale del donatore di sangue: una 4 giorni che per la terza volta riunirà nel Centro congressi della capitale scandinava quasi 11 mila esperti internazionali, per un confronto a 360 gradi sul presente e il futuro della lotta alle patologie ematologiche, non solo maligne. Ci sono però i tumori nel mirino di una delle armi più potenti che il progresso medico ha infilato nella fondina degli specialisti di settore: i linfociti Car-T, frontiera della frontiera, “al momento la forma più sofisticata possibile di immunoterapia”. A fare il punto per l’AdnKronos Salute è Fabio Ciceri, direttore dell’Unità di ematologia e trapianto di midollo osseo all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, presente al summit insieme al suo team. I linfociti Car-T sono soldati del sistema immunitario ingegnerizzati in laboratorio per esprimere un recettore chimerico, così definito perché come la Chimera – creatura mitologica con parti del corpo di animali diversi – all’esterno ha la struttura di un anticorpo che riconosce e aggancia in modo specifico le cellule tumorali, mentre all’interno attiva il segnale che dice al linfocita di uccidere la sua preda. “A prescindere dal tipo di linfociti T utilizzati, del paziente oppure di un donatore compatibile o meno – ricorda Ciceri – l’idea è di manipolare la funzione effettrice immunitaria antitumore in modo da ottenere quello che si chiama effetto terapeutico on-target”: un omicidio idealmente ‘pulito’, in cui la vittima predestinata – il cancro – viene abbattuta senza alcuna possibilità di fuga e senza spargere sangue innocente, evitando cioè effetti collaterali. Purtroppo nella pratica non è sempre così. L’esperto spiega perché e come si sta muovendo la ricerca per portare sul mercato nuove Car-T, oltre alle due già autorizzate dall’americana Fda (tisagenlecleucel di Novartis e axicabtagene ciloleucel di Gilead) contro la leucemia linfoblastica acuta negli under 25 e/o forme di linfoma non Hodgkin. Super terapie sotto i riflettori anche per i costi e prossime all’arrivo in Europa. “Il responso dell’Ema è atteso entro l’anno”.

ute) – “Il primo problema – sottolinea Ciceri – è che alcuni bersagli riconosciuti dalle Car-T possono essere presenti anche su cellule non tumorali”, dalle vascolari alle cardiache, dalle muscolari alle cerebrali, “producendo il cosiddetto effetto on-target off-tumor”: il killer che colpisce anche fuori dal cancro. Gli studi su modelli animali servono proprio a “fare una mappatura precisa della biodistribuzione degli antigeni bersaglio”, ma ciò non esclude imprevisti una volta passati all’uomo. Il nodo selettività è particolarmente difficile da sciogliere nei tumori solidi, perché “questi tendono a mantenere antigeni dell’epitelio di origine con un maggior effetto off-tumor”. Non è quindi un caso che “le neoplasie nelle quali sono stati ottenuti finora risultati clinicamente importanti, degni di registrazione, sono alcuni tumori ematologici”. “Ma si lavora anche su altri fronti”, precisa lo scienziato. Per esempio sulle molecole co-stimolatorie che partecipano all’architettura delle Car-T: grazie a loro l’effetto dei linfociti ‘gm’ può essere “potenziato se l’antigene target è poco immunogenico, o depotenziato se lo è tanto da scatenare una sindrome da rilascio citochinico con tossicità potenzialmente fatali”. Un’altra via battuta è “lo sviluppo di Car bifunzionali, in cui uno stesso linfocita aggancia due diversi antigeni. Il cancro può infatti produrre in maniera casuale dei cloni che non esprimono l’antigene riconosciuto dal linfocita Car monospecifico, e che sotto la pressione di quest’ultimo si selezionano diventando prevalenti”. Un escamotage darwiniano messo in atto dalla malattia per travestirsi e sfuggire al suo assassino. In questo caso i Car ‘2 in 1’, protagonisti anche di una presentazione cinese in vetrina al Congresso Eha, potrebbero fare dribbling e andare comunque a rete. Ancora, aggiunge Ciceri, “un altro filone di ricerca riguarda la scelta del tipo di linfocita da usare”. Da un lato ci si può concentrare su “sottopopolazioni come le ‘memory stem T cells’, una sorta di cellule hardware che si espandono meno rapidamente ma vivono più a lungo garantendo una sorveglianza immunitaria a lungo termine”, dall’altro su “linfociti come i Natural Killer (NK) che non provocano effetti off-target”.

Linfomi, leucemie e mielomi restano il principale obiettivo della ‘rivoluzione Car’, ma “ci sono sviluppi anche contro tumori solidi quali il neuroblastoma, il melanoma, tumori del colon, del pancreas o cerebrali come il glioblastoma”, elenca l’ematologo. E mirano anche contro neoplastie diverse da quelle del sangue i due progetti Car-T targati San Raffaele Milano: “Utilizziamo l’antigene CD44v6 espresso anche da alcuni tumori solidi – riferisce Ciceri – anche se partiamo da pazienti con malattie ematologiche come la leucemia mieloide acuta e il mieloma”. “Siamo stati sede di elaborazione e di sviluppo preclinico di Car, che ora porteremo in clinica – puntualizza – Siamo pronti ad avviare gli studi sull’uomo per chiudere il cerchio che inizia dal laboratorio e finisce al letto del malato”. La missione di ogni Irccs e “ancor più del nostro”, storicamente focalizzato sulle terapie cellulari in quanto sede Telethon e culla di realtà come MolMed, azienda nata come spin-off dell’Istituto di via Olgettina. Ciceri tiene infine a evidenziare ”l’importanza di condurre questo tipo di trattamenti in strutture cliniche con un livello di capacità che è quello del trapianto complesso di midollo. E’ essenziale – avverte – perché solo loro possono garantire al paziente sicurezza in fase di intervento e nella gestione di eventuali criticità o complicanze”. Competenze che in Europa vengono certificare dalla Jacie, “autorità che standardizza tutte le nostre attività e presso la quale è accreditata la maggior parte dei centri specializzati. In Italia – conclude l’esperto – sono una cinquantina”.

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