Ricerca Università di Pisa. Con il progetto PRIME-VR2 la realtà virtuale al servizio della riabilitazione

A Pisa i partner da nove paesi europei per una conferenza di presentazione dei risultati

Ambienti di realtà virtuale per la riabilitazione motoria di persone colpite da malattie cardiache o degenerative o da infortuni mediante l’uso di dispositivi indossabili stampati in 3D e personalizzati sulle caratteristiche del paziente. È questo l’obiettivo del progetto europeo PRIME-VR2, coordinato da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa (DICI), e che ha visto tra i partner diverse università, laboratori di riabilitazione e aziende provenienti da nove paesi europei.

Il 13 e 14 ottobre tutti i ricercatori europei che hanno lavorato sul progetto si riuniscono a Pisa, nel complesso delle Benedettine, per una conferenza durante la quale verranno presentati i risultati di PRIME-VR2.

“Siamo molto soddisfatti di questi anni di lavoro – commenta Sandro Barone, docente di Disegno e Metodi dell’Ingegneria Industriale e coordinatore del progetto – Nell’ambito del progetto abbiamo messo a punto un sistema per la riabilitazione realmente ritagliato sui bisogni e sulle caratteristiche della persona che segue il programma. L’arto superiore da riabilitare viene scansionato mediante un nuovo dispositivo per acquisire la geometria, i movimenti e le forze. Queste informazioni ci permettono di progettare un controller personalizzato da indossare. Tramite un visore il paziente entra nell’ambiente di realtà virtuale, e con il controller esercita il braccio o la mano in alcuni giochi o alcune attività, anch’essi pensati e tarati su di lui, come per esempio lanciare la palla in cui canestro. La forza richiesta per il lancio è diversa da paziente a paziente, in base ai risultati che vogliamo ottenere”.
“Uno dei problemi maggiori legati alla riabilitazione – aggiunge Armando Viviano Razionale, docente di Disegno e Metodi dell’Ingegneria Industriale e responsabile scientifico del progetto – è l’elevato grado di abbandono del percorso riabilitativo, che può essere dovuto a fattori come la ripetitività degli esercizi. Questo può portare a demotivazione e depressione. Gli ambienti virtuali progettati consentono invece, con l’assistenza di personale medico, di compiere i movimenti giusti per riabilitare l’arto in un ambiente coinvolgente, e arrivare più facilmente ad un risultato, con il conseguente miglioramento della qualità della vita dei pazienti.”

La progettazione di controllori e ambienti virtuali ritagliati sulle specificità del paziente si colloca nell’ambito della medicina personalizzata e fortemente orientata non solo a cure specifiche, ma al miglioramento complessivo della qualità della vita delle persone: “Le nuove tecnologie – conclude Barone – e in particolare la customizzazione di sistemi indossabili possono rendere la progettazione di percorsi terapeutici personalizzati una conquista sempre più concreta”.

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