Zanardi e il Sic: tragedie simili, destini diversi

Zanardi e il Sic, al secolo Marco Simoncelli: tragedie simili, destini diversi. Li mettiamo insieme solo perché i loro anniversari, per una bizzarra casualità della vita, finiscono col combaciare ma lo iato fra le loro storie non potrebbe essere più ampio

Marco Simoncelli, infatti, ci ha lasciato nel 2011, a soli ventiquattro anni, a causa di un maledetto incidente sul circuito di Sepang (Malesia), nel fiore della vita e della carriera, per giunta vedendo coinvolto nello scontro anche l’amico Valentino Rossi, il quale ha impiegato anni per riprendersi dallo shock. 

Simoncelli: un ragazzo riccioluto e pieno di vita, romagnolo al midollo, allegro e spensierato, innamorato della sua passione e pronto a trasformarla in un mestiere, in un impegno costante e senza mai risparmiarsi, nel faro di un’esistenza sfiorita troppo presto, senza un perché, senza consentirci alcun commento, in quanto ogni parola rischia di suonare retorica o di circostanza. 

Viene solo da piangere, ripensando a quel ragazzo disteso a terra e travolto da un collega, Colin Edwards, a una velocità che non lascia scampo; vien da chiedersi se sia giusto che un uomo metta costantemente a rischio la propria vita; vien da porsi mille domande ma è sbagliato, in quanto il Sic aveva scelto quella vita e noi non abbiamo alcun diritto di mettere in discussione la sua volontà, il suo amore per le corse e la sua bravura fuori dal comune che lo aveva protetto in mille circostanze, salvo costargli carissima nel momento in cui avrebbe potuto spiccare il volo e lanciarsi nell’Olimpo dei campioni. 

Una storia straziante che ci riporta alla mente il terrificante incidente occorso dieci anni prima, il 15 settembre 2001, ad Alex Zanardi al Lausitzring (in Germania), nel corso di una gara di Formula CART (oggi Champ Car), quando il pilota di Castelmaggiore (provincia di Bologna), in seguito a un testa coda, venne travolto da un collega, con una violenza tale che rimase vivo per miracolo, pur perdendo per sempre l’uso delle gambe e dovendo affidarsi a delle protesi. 

Da allora, tutta la sua esistenza è un esempio di passione, impegno, dedizione, forza di volontà, tenacia e rispetto per gli altri, per le loro tragedie, per la loro disperazione e per il loro desiderio di riscatto, al punto da trasformarsi in un campione nella specialità dell’handbike e dall’arrivare, alle soglie dei cinquant’anni, a conquistare una medaglia d’oro alle Paralimpiadi di Rio. 

E ora che Zanardi da Castelmaggiore tocca il mezzo secolo, ora che è un uomo sereno, pronto a fare i conti con se stesso, con la propria innegabile fortuna e con un destino che ha saputo sfidare e al quale ha avuto il coraggio di ribellarsi, ora, di fronte a questo prodigio soprannaturale, perché tale è, il pensiero non può che correre al Sic e alla sua sventura, in un confronto impietoso, iniquo, assolutamente da evitare eppure impossibile da eludere per quanti si trovano a fare i conti con due anniversari tanto drammatici quanto, purtroppo, inseparabili.

Personalmente, ho riflettuto a lungo su come occuparmene, se scrivere due articoli diversi, se il fatto di celebrare la grandezza di Alex non avrebbe costituito una mancanza di rispetto nei confronti dei familiari di un ragazzo che oggi, se fosse ancora vivo, non avrebbe neppure trent’anni e poi ho deciso di unire i due anniversari, in punta di piedi, evitando ogni confronto, in una sorta di omaggio alla vita e alla memoria, per non dimenticare ma, al tempo stesso, per guardare al futuro con quella serenità d’animo che non si può chiedere agli amici e ai familiari di Simoncelli ma della quale anche loro hanno bisogno se vogliono evitare che il dolore li divori.

L’automobilismo e il motociclismo, dieci anni di distanza, due continenti e un destino diverso che induce, legittimamente, a chiedersi cosa avrà pensato, a suo tempo, il quattordicenne Simoncelli di fronte alla tragedia di Zanardi, quante domande si sarà posto in merito alla sua scelta di consegnare ogni volta la propria vita al fato, affidandosi, oltre che all’abilità, a una sorte che purtroppo ha finito col tradire entrambi. Vien da domandarsi tutto questo e da auspicare che il cinquantenne Zanardi, giustamente felice per le sue due vite, porti un fiore sulla tomba di un sognatore strappato via al suo mondo da una maledetta domenica malese. 

In questo congiungersi di destini, a pensarci bene, è racchiuso il senso della vita: così grande, intenso, complesso e misterioso che è impossibile comprenderlo o, quanto meno, comprenderlo fino in fondo.

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