Claudio Sala: il poeta granata

Era il poeta del gol, il Cruijff italiano, l’alfiere di quel tremendismo granata che negli anni Settanta ritrovò per l’ultima volta i fasti perduti a Superga in quel maledetto schianto aereo che costò la vita a una delle compagini più forti di tutti i tempi.

Parliamo di Claudio Sala, brianzolo di Macherio, che oggi compie settant’anni e che ha raggiunto questo brillante traguardo senza che nessuno se ne accorgesse, tanta era ed è tuttora la sua classe, la sua forza d’animo, la sua innata capacità di stupirsi e di stupire, di entusiasmarsi e di entusiasmare, di credere ancora in qualcosa e di rimanere se stesso, in una stagione che rifiuta pervicacemente tutto ciò che attiene all’ambito della poesia, della gentilezza e del buongusto.

Claudio Sala è stato uno dei numeri 7 che hanno scritto la storia del calcio, non inferiore tecnicamente a Best, sventurato nel non trovare grande spazio in Nazionale ma, in compenso, capace di dar vita a duelli rusticani con la Juve di quegli anni, ossia con una macchina perfetta che, sotto la guida del Trap, avrebbe raggiunto l’apice della propria efficacia e della propria potenza di fuoco.
Indomito, pronto a ingaggiare un duello a distanza lungo quanto un campionato con il suo alter ego bianconero Causio, feroce nella determinazione, limpido sul piano dell’onestà e della lealtà nei confronti dell’avversario, Sala è uno di quei personaggi che non ha mai accettato il mondo così com’è e per questo si è inventato uno stile, un modo di essere e di vivere, fuori dagli schemi, dalle convenzioni, dai totem e dai tabù imposti dall’ordine costituito.
Settant’anni e non ci sembra vero, come non ci sembra vero non vederlo più guizzare in mezzo al campo, servire assist prelibati al duo Pulici-Graziani, scompaginare le partite, imprimere ad ogni azione il proprio marchio di fabbrica, partire palla al piede e andare via, volare nel vento, sotto gli sguardi incantati di una platea adorante.
Claudio Sala è stato, insomma, uno di quei pochi giocatori universali, uno di quelli che tutti, almeno una volta, hanno applaudito spontaneamente, uno di quelli che aveva estimatori ovunque ci fosse un minimo di comprensione del genio e della meraviglia, ovunque non ci si rassegnsse al degrado, alla violenza, alla banalità.
E son settanta, caro Claudio, e sappiamo già che non ti fermerai, che hai già messo nel mirino nuovi traguardi perché, in fondo, per te la vita è sempre stata e sempre sarà un gioco serissimo col quale confrontarti, un amico e un avversario da sfidare, cui realizzare uno dei tuoi dribbling fulminanti e al quale correre accanto, nell’estasi di domeniche qualunque destinate all’eternità.

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