Rifugio Italia Ukraine un anno dopo: 70 palloncini in cielo per ricordare i 70 cani bruciati vivi

Il 16 aprile una cerimonia in ricordo dei randagi uccisi. Intanto sono arrivati anche una mucca, una cicogna, agnelli e galline: il ricovero di Andrea Cisternino apre le porte a tutte le specie e rinasce sulle ceneri di quello distrutto

ROMA – Il 16 aprile 2016 settantuno palloncini bianchi, uno per ognuno dei cani morti bruciati vivi nell’incendio del 12 aprile 2015, saranno lanciati nel cielo sopra Kiev, in Ucraina, dove l’italiano Andrea Cisternino ha fondato cinque anni fa il ricovero per cani randagi “Rifugio Italia Ukraine” con l’obiettivo di dare ospitalità e sicurezza ai randagi ucraini, sempre più pericolosamente nel mirino dei dog hunters ucraini, i cacciatori di cani che, con il benestare delle istituzioni politiche del paese, dal 2010 stanno facendo scempio dei randagi del territorio.

L’incendio, un anno fa, aveva sconvolto tutti. Fiamme e fumo altissimi avevano circondato in pochissimi minuti i ricoveri dei cani: settanta di loro, carbonizzati, sono stati ritrovati solo a incendio domato. «ma nessuno è venuto ad aiutarci» racconta Cisternino, fotografo e ambientalista che si è trasferito a vivere in Ucraina abbandonando completamente la fotografia di moda per potersi dedicare completamente alla causa che più gli sta a cuore. «Neppure i pompieri sono venuti ad aiutarci – denunciò all’epoca Cisternino – siamo riusciti a tirare fuori i cani ancora vivi solo fino a quando che fiamme non sono state troppo alte Loro sono arrivati soltanto due ore dopo che l’incendio era scoppiato. Per non parlare della polizia investigativa: si presentarono solo dopo 4 giorni. Eppure l’incendio fu gigantesco: io quel giorno ero fuori e arrivando in macchina, cominciai a vedere il fumo a 25 chilometri di distanza. Ancora non riesco a perdonarmi di non essere riuscito a salvarli tutti». 

Ora ad un anno da quella tremenda giornata di cui rimangono le terribili foto pubblicate sulla pagina Facebook di Rifugio Italia e il vuoto lasciato da settanta cani morti, molto è cambiato. Sulle ceneri del vecchio rifugio, sta continuando a crescere, giorno dopo giorno, il nuovo Rifugio Italia, ancora più ambizioso del primo. «La commemorazione della giornata in cui l’incendio doloso uccise quasi tutti i nostri cani – racconta Andrea Cisternino – sarà un modo per ricordarli e, nello stesso tempo, per presentare tutto quello che, grazie alle donazioni, siamo riusciti a ricostruire: un piccolo ma efficiente villaggio per animali, non più solo cani ma qualsiasi animale in difficoltà. Su circa 20 mila metri quadrati di terreno, che siamo riusciti a comprare grazie alla donazione di un privato, sono stati costruiti i nuovi ricoveri, le case per i custodi (saranno infatti 15 gli ucraini assunti come operatori), un ospedale veterinario con due sale operatorie che faranno servizio di assistenza e sterilizzazione per chiunque ne abbia bisogno, le stalle per le mucche e gli ovini, e i pollai per le galline e i conigli».

L’obiettivo? Una vera e propria fattoria didattica per i bambini ucraini che dia un contributo nel cambiamento di mentalità nei confronti degli abbandoni e dei randagi e crei una cultura dell’accoglienza. I lavori proseguono attivamente (come testimoniato dalle foto) e presto saranno ultimati gli spazi che accoglieranno i venti cani che sono sopravvissuti all’incendio e tutti i nuovi arrivati, di ogni razza e specie. A guidare il gruppo Margot, la mucca strappata al macello che ormai domina incontrastata Rifugio Italia ed è diventata una sorta di gigantesca mascotte. A lei si sono aggiunti da poco altri 4 scampati alla macellazione, i 4 agnelli soprannominati “La banda bassotti”, poi ci sono una cicogna, Cika, un gallo, due galline e due papere: «eravamo andati dal contadino con l’idea di portarci via la cicogna, alla fine abbiamo dovuto portarci via il pacchetto completo con un gallo, due galline e due papere». E ora sono in arrivo anche due puledri e due maiali. 

«Noi non abbiamo sostegni statali, non viviamo di contributi come molte associazioni ambientaliste. Viviamo solo delle donazioni che arrivano da quelli che apprezzano il lavoro che stiamo facendo in Ucraina ormai da cinque anni – spiega – all’inizio, subito dopo l’incendio, in tantissimi ci hanno chiamato e hanno voluto sostenerci. Addirittura Elisabetta Canalis ci offrì il suo cellulare per organizzare un’asta, e da li arrivarono 1.500 euro. Poi, piano piano, l’attenzione è diminuita e, con essa, anche le donazioni. Soprattutto son diminuite le adozioni dei nostri cani, che oramai riusciamo ad affidare solo agli amici più stretti. Invece sarebbe fondamentale trovare per loro una casa sicura, magari in Italia». 

Oltre 20 mila i contatti con la pagina Facebook di Rifugio Italia Ukraine che giornalmente informa sulle vicende della piccola comunità. «Quello che ci piace di più è vedere come in questi anni di lavoro fatto, è cominciata a cambiare la mentalità. Prima ci erano tutti ostili, adesso invece, prima di abbandonare i cani per la strada vengono a lasciarli davanti al rifugio. Per noi è moltissimo, vuol dire che cominciano a fidarsi di noi». 

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